PARTECIPAZIONE d’altri tempi ieri alla libreria Ubik di Foggia per l’incontro con lo scrittore Stefano Santachiara. L’autore del libro-inchiesta “I panni sporchi della sinistra”, scritto a quattro mani con Ferruccio Pinotti per Chiarelettere, è stato accolto da un pubblico appassionato ed eterogeneo come del resto non è etichettabile il tour che Santachiara sta tenendo in giro per l’Italia: i relatori politici con cui si è trovato a discutere vanno dal Movimento 5 Stelle alla sinistra Dem, da Fratelli d’Italia alla lista Tsipras, mentre i collaboratori del Fatto Quotidiano si sono alternati ai giornalisti del Manifesto, del Corriere della Sera, de Il Giornale e del Corriere del Ticino.
Nel corso di queste settimane Santachiara ha dialogato anche con magistrati come Desirèè Digeronimo (ora candidata sindaca della lista civica “Riconosciamo Bari”), Nicola Trifuoggi (ex procuratore di Pescara, oggi vicesindaco Pd de L’Aquila) e il giudice di Milano Clementina Forleo (che tornerà ad incontrare giovedì 23 aprile a Roma, alla Ibs di via Nazionale). Era dunque comprensibile l’attesa di ieri a Foggia nella sala convegni della Ubik, così ricolma da costringere parte del pubblico a seguire l’evento nei corridoi della libreria in diretta streaming.
Il relatore Filippo Fedele ha subito girato “i complimenti dell’amico Marco Travaglio” a Santachiara, dalle cui analisi di stampo storicistico emergono nuove chiavi di lettura degli eventi e dunque dei personaggi chiave di quella che gli autori definiscono l’ “involuzione antropologica” della sinistra italiana, “dal punto di vista dell’etica civile ma anche progettuale e culturale, nel senso di subalternità al berlusconismo e ai dogmi dei sacerdoti del liberismo sfrenato e dell’austerity”. Fedele ha inaugurato il dibattito con una domanda a “gamba tesa”, come lui stesso l’ha definita, sui rapporti tra il capo dello Stato Giorgio Napolitano e la massoneria, unico tema del libro ad essere approdato per pochi istanti sulla trasmissione “La gabbia” per bocca dell’ospite Ferruccio Pinotti, eccezione alla regola del Sistema mediatico che ha cercato di censurare “I panni sporchi”, giunto comunque alla quinta edizione. Santachiara ha risposto ricordando l’assenza di riscontri per tabulas all’appartenenza di Napolitano alla massoneria atlantica, ipotesi avanzata dai Maestri Gioele Magaldi del Grande Oriente Democratico e Giuliano Di Bernardo della Gran Loggia regolare d’Italia, dunque riconoscendone una valenza solo nell’ambito di una valutazione organica delle ragioni dell’ascesa dell’uomo del Colle: “di stirpe partenopea liberale, è stato nel tempo burocrate del Pci fedele a Togliatti e a Mosca, collaterale a Craxi e a Berlusconi, Napolitano è stato e continua ad essere garante degli ambienti atlantici e delle Tecnocrazie legate a doppio filo ai poteri finanziari”. Fedele ha poi sottolineato un passaggio fondamentale ignorato in passato: il viaggio di Napolitano negli Stati Uniti, concordato un mese prima del rapimento di Aldo Moro e proseguito anche mentre il presidente della Dc era ostaggio delle Brigate Rosse. Santachiara ha ricordato le novità che stanno faticosamente emergendo su possibili responsabilità istituzionali (richiamate di recente dal giudice Ferdinando Imposimato) e di servizi italiani e internazionali sul caso Moro, anche grazie all’impegno di colleghi come Paolo Cucchiarelli, Stefania Limiti e Simona Zecchi che da anni stanno scavando nei rivoli dell’infinita strategia della tensione che ha tenuto in ostaggio e insanguinato l’Italia. Riguardo alla scelta di Napolitano di non rientrare nel suo Paese una volta appreso del golpe-rapimento Moro “era doveroso sottolinearne la questione di opportunità e dunque il ruolo decisivo di Napolitano nella veste di alleato affidabile degli americani nel Pci, un fatto che ci è stato confermato da alcuni report della diplomazia e dell’ intelligence statunitense”. Fedele ha poi virato la discussione sulla figura di D’Alema rammentadone le amicizie pericolose, l’avversione per i magistrati di Mani Pulite e un episodio caricaturale: ”Durante una cena D’Alema si lamentò perchè il cane di Reichlin si strofinava sulle sue scarpe di valore realizzate da un artigiano pugliese”. Santachiara ha spiegato le corresponsabilità di D’Alema nella degenerazione del codice genetico della sinistra e, in merito al doppiopesismo dell’informazione su corruttele e collusioni mafiose del Pd, ha sottolineato come il potere politico, mediatico e giudiziario si trovino di fronte ad una soglia invalicabile: “Da una parte Berlusconi e i suoi fedelissimi possono essere giustamente sviscerati in ogni aspetto ma non pagano con la detenzione per i crimini commessi, dall’altra c’è tutto un mondo, e non parliamo solo dei democratici, che potremmo definire “the dark side of the moon”.
Le ruote dentate del sistema, basato su ricattabilità reciproca a raggiera, prevedono che oltre ad una certa soglia non sia consentito andare: i rari magistrati e giornalisti che lo fanno incidendo nei gangli della geopolitica, della finanza e dei poteri occulti ne pagano le conseguenze”. Dal pubblico non sono mancate critiche sulla opinione positiva dell’autore circa la figura di Enrico Berlinguer:”Lui e Napolitano non potevano non sapere del finanziamento illecito che arrivava dall’Unione sovietica!”. L’unico fatto sostenibile con certezza, ad avviso di Santachiara, era “la competenza del tesoriere dell’epoca Gianni Cervetti sugli aspetti operativi” e che, per stessa ammissione di Cervetti, “il flusso dei rubli si interruppe nel 1978”. Secondo l’autore de “I panni sporchi della sinistra” Enrico Berlinguer non fu soltanto “una persona perbene, come molti esegeti e usurpatori tendono oggi a ricalibrare ex post, ma anche un comunista democratico che aveva strappato con l’Urss e lottava contro l’ingiustizia”.

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