La sinistra di ieri, di oggi e, quasi sicuramente, anche di domani: i due giornalisti Ferruccio Pinotti e Stefano Santachiara con questo lavoro hanno compiuto una lunga radiografia dei maggiori esponenti del centrosinistra italiano, sui suoi tesorieri, sulla componente femminile e sugli scandali giudiziari che hanno coinvolto il centrosinistra (sanitopoli in Puglia, la scalata bancaria dei furbetti del quartierino, mattone e cemento a Sesto…). Se di queste persone sappiamo le poche pubbliche virtù, è bene conoscere (o ricordare) le molte debolezze private: a cominciare dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ex membro della corrente migliorista (ed ex comunista pentito?). Gli autori nel capitolo dedicato al presidente ricordano le molte vicinanze con l’ex presidente del Consiglio Berlusconi (una certa vicinanza alla massoneria, ai vertici in Vaticano, una insofferenza verso le procure e le inchieste che coinvolgono i potenti). Scrivono gli autori che “Napolitano è stato il garante politico di Berlusconi”: prima di tutto perché “il leader riformista ha acconsentito al passaggio di molte leggi che avrebbero meritato ben diversa sorte”. Napolitano ha firmato il lodo Alfano, la legge sul legittimo impedimento, lo scudo fiscale, ha accettato la nomina a ministro di Aldo Brancher.Poi c’è il doppio comportamento tra come si è comportato col governo Prodi dopo la crisi del gennaio 2008 (Prodi andò a casa in poco più di 1 mese) e come invece si è poi comportato con Monti e Berlusconi (che non sono mai stati mandati alle Camere per prendersi la sfiducia). C’era una volta la sinistra, verrebbe da dire, al termine della lettura di questo libro: una sinistra attenta al sociale, alle fasce deboli, che entrava in politica senza vergognarsi delle sue origini e, soprattutto, senza alcuna intenzione di arricchirsi o entrare nelle logiche di spartizione del potere. Una sinistra che difendeva le fasce deboli, la scuola e la sanità pubblica (il vero ascensore sociale di un paese che oggi sembra scivolare verso un modello a caste, dove solo ai ricchi è concesso curarsi e studiare). Ma forse, leggendo ancora una volta le parole di Enrico Berlinguer nella celebre intervista su Repubblica, una sinistra così è esistita per poco: “La questione morale, nell’Italia d’oggi, fa tutt’uno con l’occupazione dello Stato da parte dei partiti governativi e delle loro correnti, fa tutt’uno con la guerra per bande, fa tutt’uno con la concezione della politica e con i metodi di governo di costoro, che vanno semplicemente abbandonati e superati. Ecco perché dico che la questione morale è il centro del problema italiano.” Enrico Berlinguer, segretario del Pci, 28 luglio 1981.
Nomine clientelari, spartizione delle poltrone in ottica consociativa, nepotismo (cariche che passano di parente in parente, e parenti che vengono nominati in società vicine alla politica), uso disinvolto del denaro pubblico. Amicizie pericolose con esponenti della criminalità organizzata, nessun senso etico o di opportunità in merito all’accettare doni o elargizioni di enti privati (che magari dovrebbero essere controllati dalla politica). La regola di Berlinguer è rimasta, e probabilmente rimarrà ancora, inascoltata. Tanto che oggi, attorno al partito democratico, sono due le principali critiche che vengono loro rivolte: non aver mai fatto una vera opposizione al berlusconismo (ma aver invece portato avanti una politica di inciucio culminata oggi col governo delle larghe intese). E, quel che è peggio, aver tradito il mandato degli elettori e distrutto forse definitivamente il sogno di un grande partito progressista, nell’area democratica di centrosinistra. Moderno, capace di affrontare i problemi del paese e in special modo del suo elettorato. Quello che abbiamo visto, e che viene raccontato parlando dei panni sporchi di questa sinistra, è invece un partito che ha occupato poltrone, ha preferito lasciar da parte i problemi del mondo del lavoro (il precariato, le condizioni di lavoro, le morti bianche), i temi ambientali (vedi caso Ilva a Taranto), la sperequazione dei redditi. Mutazione genetica, quella della sinistra, che oggi trova la sua perfetta sintesi nelle larghe intese di Letta e Alfano (che non sono evidentemente Berlinguer e Moro): messe da parte tutte le questioni di sinistra, il PD ha venduto la sua anima per l’accesso alle stanze dei bottoni. Per un posto al tavolo del potere dove si decidono appalti e nomine. La metafora di questa mutazione politica emerge dalle carte dell’inchiesta sul caso Sesto, che ha coinvolto Filippo Penati (l’ex presidente della provincia, che alla fine non ha rinunciato alla Prescrizione che è arrivata anche grazie alla legge anticorruzione..) nell’inchiesta che riguardava mazzette sull’ex area industriale della Falck: laddove c’erano fabbriche, impianti di produzione, operai, benessere (ma anche malattie e inquinamento), ora il processo di deindustrializzazione ha spazzato via tutto, c’è solo un intreccio tra finanza e politica.

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