Le più recenti formulazioni della Modern Money Theory sono dell’economista post-keynesiano Warren Mosler, statunitense. Le leve per la crescita sono più spesa pubblica e meno tasse. Left gli ha chiesto come applicarle ai paesi dell’area Euro, ostaggio di rigidi paletti di bilancio e di una grave crisi economica e sociale. Non accende la speranza, leggere Mosler, dobbiamo avvisarvi. Sostiene che per rilanciare l’occupazione sarebbe necessario andare oltre al doppio del rapporto tra deficit e Pil ma che siamo in mano alla Germania, sì, e che questa, Merkel e Schaeuble, «ha un problema del tutto ideologico, persino filosofico».
La Modern Money Theory considera virtuoso il disavanzo pubblico volto al rilancio di produzioni qualitative, consumi e occupazione. Queste idee hanno influenzato il governo Obama…
Le nostre idee sono arrivate a Obama, quando sono stato candidato al Senato in Connecticut, nel 2010, proponendo una riduzione o un’eliminazione del cuneo fiscale. Del resto, la tassazione sulla busta paga è l’imposta più regressiva che abbiamo negli Usa e l’argomento è quindi efficace. Scrissi alcuni articoli e feci alcune apparizioni televisive, e Jamie Galbraith, consigliere di Obama, cominciò a riprendere i nostri contenuti pubblicamente. L’idea suscitò anche l’interesse dell’amministratore delegato della General Electric, Jeffrey Immelt, e poi quello di Troy Nash, un altro degli assistenti di Obama. E così il taglio del cuneo fiscale è diventato legge. Si tratta di un taglio minimo, del 2 per cento ma importante, anche perché è uno dei pochi provvedimenti bipartisan. Questa misura ha contribuito ad alimentare la crescita negli Stati Uniti, che ha subìto poi un sostanziale rallentamento nel momento in cui il governo ha voluto iniziare a ridurre il deficit pubblico.
Ecco, l’ossessione per il deficit. Nell’area Euro i trattati rendono difficili, se non impossibili gli investimenti e l’ampliamento del welfare. Pensa siano applicabili queste policy?
Se vi fosse la volontà politica, sì. Ma non ne vedo, al momento. Ed è un peccato, perché basterebbe decidere di aumentare il vincolo di rapporto col Pil dal 3 per cento all’8. Senza altre variazioni nella struttura delle istituzioni Ue, la disoccupazione diminuirebbe e la crescita potrebbe arrivare anche al 4 per cento.
Non è una strada che piace alla Germania, però.
La Germania ha un problema del tutto ideologico, persino filosofico.
I neoliberali sottolineano come Argentina e Brasile, che hanno aumentato la spesa sociale facendo uscire dalle povertà milioni di persone, abbiano però avuto contraccolpi economici. Cosa risponde?
Beh, facciamo un esempio. Se in una stanza fa molto freddo, puoi riscaldare l’ambiente con un termostato. Può capitare che diventi persino troppo caldo, e quindi si è costretti a far calare la temperatura. Può succedere quindi che vi sia qualche paese in cui si spende in maniera eccessiva, e spesso questo dipende dalla corruzione, soprattutto da quella del settore bancario. Ciò porta la valuta a svalutarsi, l’inflazione ad aumentare e i cittadini a pagare prezzi crescenti. Spesso non si tratta però di conseguenze delle politiche economiche, ma di caratteristiche di quei sistemi.
Economisti progressisti come Emiliano Brancaccio e Alessio Ferraro sottolineano la differenza tra un’uscita “da sinistra” dalla moneta unica e un’uscita “da destra”, come avvenne quando l’Italia abbandonò lo Sme privatizzando e contraendo i salari.
Gli intellettuali progressisti hanno a lungo visto nell’Unione europea una via maestra per il rifiuto delle politiche regressive di stampo nazionalista. Sfortunatamente chi governa oggi questa istituzione ha sviluppato un’agenda economica fortemente regressiva, di destra. Uscirne tuttavia significa esporsi, appunto, ad un alto rischio di crescita del nazionalismo. La sfida è capire quale fra tutte le possibili strade sia meno “di destra” rispetto alle altre.
E restando nell’eurozona lei cosa proporrebbe?
Se vi fosse la volontà politica di fare qualunque di diverso rispetto alle politiche attuali, allora bisognerebbe puntare ad incrementare il deficit. Le istituzioni europee credono che agire sui tassi di interesse migliori l’economia e che le riforme strutturali consentano di aumentare l’occupazione. Non è così.
Il direttore del Foglio Giuliano Ferrara ha rilanciato un’idea precedente ai Trattati: l’euro a due velocità.
Ancora una volta, credo manchi la volontà. I politici sono stati trasformati in esattori delle tasse: non hanno nessuna prospettiva economica.
E in Italia? Quali feedback state ricevendo in particolare dal presidente del Consiglio Matteo Renzi?
Non hanno nessun interesse, al governo sono totalmente passivi. Qualcuno mi ha chiesto quale politica economica abbia in mente Renzi: ho risposto che non ne ha una! E come lui, però, nessuno, in Europa. Manca la logica. Ad esempio: mettiamo che voi crediate realmente che in Grecia siano tutti pigri e nessuno abbia voglia di lavorare. Anche se voleste punirli, che senso ha creare politiche in cui gli stessi greci sono messi nelle condizioni di non poter più lavorare?
Un quadro a tinte fosche. Cosa prevede per il futuro?
Credo che il tasso di cambio dell’euro si rafforzerà molto e la Germania vedrà le esportazioni nette deteriorarsi. Non c’è nulla che siano in grado di fare. Sono impotenti. Sarà una distruzione della società fondata sulla deflazione e l’apprezzamento della valuta. Nei sei mesi scorsi l’euro è sceso temporaneamente, perché le banche centrali mondiali hanno reagito al Quantitative Easing e hanno iniziato a vendere grandi quantità di euro; questo processo però terminerà. Ora che l’euro tornerà a crescere, cosa faranno? Non gli resta nulla.
Left Avvenimenti (23 maggio 2015)
Giu 02, 2015 @ 11:34:32
Leggo di far arrivare il rapporto annuale deficit/Pil fino all’8%; sono cifre sudamericane o greche; incompatibili con la permanenza nell’euro, perchè contrarie agli interessi bancari della DEU; il problema in ITA è un altissimo debito; che si finanzia sempre ricorrendo a nuove emissioni dei titoli del debito pubblico; che generano interessi da pagare; che sono la voce + rilevante della spesa pubblica, insieme agli stipendi dei pubblici dipendenti; ed assieme alle pensioni. Ecco allora che le tasse sul lavoro (in busta paga) ed i contributi previdenziali cui sono sottoposte le imprese: generano una mancanza di competitività del ns. settore industriale; gli imprenditori preferiscono “delocalizzare” ed aprire gli stabilimenti all’estero. E’ un circolo vizioso che fa crescere la disoccupazione. Le spesa facile, ricordo fosse una prerogativa dei governi clientelari di fine anni ’70 e di tutto il decennio ’80: inflazione galoppante e potere d’acquisto falcidiato.
Giu 17, 2015 @ 17:31:29
Scusi, ma a lei chi lo ha detto che per aumentare il deficit pubblico è necessario aumentare le emissioni di titoli di Stato? Guardi che si può aumentare il deficit pubblico e, nel contempo, eliminare lo strumento finanziario dei titoli di Stato. Siccome il titolo di Stato è uno strumento obsoleto di controllo del tasso d’interesse, esso andrebbe semplicemente eliminato. La spesa in deficit può essere effettuata dal settore pubblico semplicemente facendo accreditare il fabbisogno del Tesoro sul conto che esso detiene presso la propria banca centrale, eliminando quindi le emissioni di titoli di Stato.
Lug 01, 2015 @ 23:20:24
Dunque aboliamo le aste dei BOT / BTP e semplicemente andiamo “a scoperto” nel conto del tesoro presso la Banca Centrale? Questa cosa è risibile, ed è fuori di ogni trattato europeo. In più il pareggio di bilancio= obbligatorio, comunque entro i limiti di Mastricht, è una legge dello Stato, attualmente in vigore. Semplicemente “la spesa in deficit” è stata abolita; si parla infatti – per poter diminuire la tassazione dello Stato sui redditi o sui capitali – di poter ricorrere ad una “revisione della spesa” tagliando quella che si può eliminare senza penalizzare troppo i settori produttivi. L’occupazione viene creata dai settori produttivi; il settore pubblico semplicemente è saturo, ed i dipendenti pubblici di solito sono demotivati e non tendono al raggiungimento di nessun obiettivo di efficenza (ahimè, di questo purtroppo mi dolgo); la PA ha raramente a cuore gli interessi collettivi, della cittadinanza; le scuole – ad esempio – si sono trasformate in stipendifici; le ASL sono diventate il luogo di ricovero dei politici trombati alle elezioni; le partecipate comunali sono uno strumento per ripagare, con le assunzioni facili, le cordate elettorali che hanno permesso l’elezione di qualcuno nelle Amministrazioni Comunali. Lampante è l’esempio attuale di Tzipras: giustamente lo Stato deve perseguire una ridistribuzione dei redditi, attraverso lo strumento fiscale, ma a forza di promettere tutto e di tollerare un certo livello di evasione fiscale, è costretto a scongiurare l’europa di non cacciarlo dall’Euro; però vuole che qualche creditore, per sforzo di grazia verso il suo governo, semplicemente abbuoni gran parte del debito. Ma questo debito greco: abbiamo una qualche idea di come si è venuto a formare? La mia previsione è che le banche greche andranno verso qualche fallimento.
Giu 12, 2015 @ 11:32:05
Attualmente siamo in uno stato di deflazione per il quale, secondo W. Mosler, un 8% non creerebbe inflazione, come sostenuto dai suoi detrattori che applicano e propagandano politiche economiche di destra di cui lei ha fatto un breve ma significativo sunto. Questo è sicuramente il momento storico di spendere a deficit, visto che i privati non investono, e un abbassamento delle tasse, come proposto da W.M. negli Usa, non avrebbe un effetto altrettanto valido, inquanto la situazione del sud Europa è talmente deteriorata che mettere più soldi nelle mani della gente (meno tasse) non li convincerebbe a spenderli o a investirli nell’economia reale.
Per quanto riguarda infine le spese dello Stato, sicuramente le inefficienze e la corrutela da lei denunciate vanno sanate, ma per spendere quei soldi e altri in più per spesa produttiva.
Per Riccardo, le ricordo, in conclusione, che nonostante l’inflazione di quegli anni che cita (iperinflazione che Mosler attribuisce a ragion veduta unicamente al prezzo del petrolio) l’Italia era al 5 posto come Pil nel Mondo, superando nel 1987 la gran Bretagna; ora stiamo arretrando e perdendo posizioni grazie alle politiche di austerity imposte dall’esterno a tutti i governi compiacenti che si sono succeduti negli ultimi anni, supportati dalla stampa main stream.
Giu 15, 2015 @ 22:21:19
Attenzione: dagli anni ’80 con inflazione al galoppo e Italia come 5° Paese industrializzato al mondo; debbo rilevare che è il periodo in cui nel commercio internazionale si è affiancata la Cina, ed adesso Cina ed USA si contendono il primato di nazione più industrializzata. Il nostro paese ha perso tecnologia e capacità di competere, tanto che le nostre produzioni tradizionali (tessile e meccanica) attualmente sono delocalizzate in paesi all’estero; e quelli asiatici hanno un contenuto addirittura più tecnologico dei nostri prodotti. Quindi se cominciamo a spendere con la spesa pubblica, niente ci garantisce che poi se ne avvantaggino le produzioni nazionali (vedi condizionatori, vedi apparecchi hi-tech, vedi automobili anche di categoria utilitaria, che ormai non sono più appannaggio solo della FIAT). La spesa pubblica, in deficit, di solito è dannosa percè alza i tassi di interesse; e gli imprenditori smettono di fare gli imprenditori, per darsi alla finanza ed alla speculazione sulla compravendita dei beni; abbandonano quindi la produzione dei beni.
Giu 15, 2015 @ 23:33:38
Certo i mali del nostro paese vengono da lontano, iniziano con il divorzio tra Tesoro e Banca d’Italia, nel 1981, e proseguono con la svendita dei gioielli di famiglia. Non sono ovviamente ancora finiti perchè stanno proseguendo con l’austerity, sempre a favore di stati o comitati affaristici esteri; tutto ciò è funzionale alla deindustrializzazione italiana, alla distruzione della domanda interna, con unico scopo la cinesizzazione degli stipendi italici a favore di pochi investitori “disinteressati” (che si aspettano di creare qui il sud America d’Europa). La spesa pubblica a deficit è l’unica salvezza per mettere una toppa a questa situazione per W.M. ed in particolare, in Italia, si dovrebbe realizzare non solo con opere pubbliche ma con l’assunzione di persone che i privati non prenderebbero con se perchè da troppo tempo fuori dal mercato del lavoro (un vero New Deal, come quello che salvò gli Usa dalla crisi del ’29, creata anche allora come oggi dalla finanza).
Questa gente le garntisco che spenderebbe i soldi per sostenere la domanda interna, acquistando non solo smartphones, ma cibo, case, sartoria italiana 8anceh se più cara di quella cinese) servizi, etc., permettendo al settore privato di riprendersi, e magari anche smartphones italiani, perchè no (magari rilanciati con un bell’incentivo alla ricerca e con lo stop alla fuga di cervelli, al contrario di quanto fatto sinora).
Un domani i migliori lavoratori pubblici sarebbero un serbatoio per il settore privato rinvigorito. I tassi di interesse bassi (leggasi deflazione attuale) sono molto più pericolosi dell’inflazione (creata solo dal petrolio come dimostra Mosler, e non da un corretto deficit), e ormai tutti gli italiani l’hanno capito: è semplicemente un cane che si morde la coda, una guerra al ribasso senza fine, che assorbe risorse, rallenta l’economia e richiede ulteriori tasse per il pareggio di bilancio creando ancora rallentamento economico e nuove tasse… all’infinito!
Giu 16, 2015 @ 22:08:22
No, non ci siamo; non sono statalista ed assisto sbigottito (ogni giorno), a quanti 1000 rivoli incontrano i soldi spesi dallo stato (il Mose? lo scandalo dei guadagni indegni sulla costruzione dei campi rom e di assistenza ai rifugiati? i costruttori edili che brindano alle 03,35 del mattino al manifestarsi della scossa di terremoto all’Aquila?). Purtroppo in Italia vigono clientelismo politico e persone che credono di poter far affari non appena entrano nel circuito della pubblica amministrazione; manca quella visione del servizio ai cittadini; solo la magistratura si incarica di controllare la nostra classe dirigente; la maggior parte dei politici, a voler essere ottimisti: non è all’altezza del compito di cui sono investiti; oppure non giudica pagante un certo rigore in difesa degli interessi della cittadinanza. C’è una spece di brigantaggio, nel senso che ci si trova perfettamente a proprio agio solo quando si inseguono guadagni facili ed imprenditoria da rapina.
Giu 17, 2015 @ 00:08:22
Vedo che su una cosa siamo d’accordo, e lo è anche Mosler: la questione morale è fondamentale per costruire un futuro diverso e più “umano”; oltre al petrolio W.M. peraltro individua anche nella corruzione una fonte di inflazione.
Ma queste argomentazioni che lei ha usato per rigettare una teoria economica diversa dal neo classicismo imperante sono proprio la difesa di chi questi problemi li ha creati iniziando da lontano (anni’80 come lei stesso ha notato); non è forse vero che la mano invisibile di Smith è stata in questi anni “latitante” non solo sull’economia in senso stretto ma anche su questa corruzione dilagante?
La ricetta “nuova” come già detto è togliere soldi alle inefficienze e alla corruzione per metterli in investimenti finalizzati alla crescita e, in più, aggiungere altre risorse fresche per l’economia reale (non come fa draghi con il Q.E. che le indirizza alla sola finanza), abolendo il pareggio di bilancio.
Qui stiamo scrivendo su un sito fuori dai binari della disinformazione di massa (i cui assiomi economici lei conosce e ripete molto bene, come tanta gente opportunamente disinformata da giornali e tv di un paese occidentale tra i meno liberi nelle classifiche mondiali sulla libertà di informazione). Qui si sta parlando della Modern Monetary Theory (cercare su motore di ricerca a piacimento), come alternativa allo sfacelo socio economico a cui assistiamo.
Siamo fuori tema se continuiamo a scontrarci portando come argomentazione concetti “classici” o “neoclassici”; forse i lettori giunti fin qui sono più interessati alle ricette “alterantive” che peraltro hanno salvato già in passato gli Usa e l’Occidente dai disastri del ’29 che stiamo oggi rivivendo.
Peraltro le teorie neoclassiche prevedono come conseguenza alti tassi di disoccupazione (=fame, miseria, incuria, premorienza), prezzi dei salari che puntano verso la soppravivenza difficoltosa, appiattimento sociale e l’attuale distruzione delle classi medie.
Per finire, inoltre, il loro fallimento sta portando ad una sempre più pesante presenza dello stato nelle nostre vite, altrochè “mano invisibile” (tradotto: si mettono le maninelle tasche dei “sudditi” come mai prima era successo nel moderno Occidente e come nemmeno un regime stalinista oserebbe).
La invito, assieme a chi non si è annoiato sin qui, a leggere “Rewriting the rules” of American Economy del noto economista USA Joseph E. Stiglitz, che vuole rivedere i paradigmi economici imperanti negli ultimi 35 anni in America (guarda caso lo stesso periodo in cui le cose sono peggiorate anche qui), al link:
http://static1.squarespace.com/static/5547c707e4b0e8aadbc53a05/t/55520236e4b0872f41a7058a/1431438002852/Rewriting+the+Rules+Report+Full+Report+-+Single+Page+Final.pdf.
Di fatto le politiche attuali sono disumane e contrarie ai principi sanciti dalla Dichiarazione Universale dei diritti Inalienabili dell’Uomo delle Nazioni Unite del ’48, a seguito della sconfitta dei nazi-fascismi (un Uomo deve poter lavorare per essere tale e godere della dignità che gli spetta).
Stiglitz è in buona compagnia della senatrice Elizabeth Warren e il sindaco di New York Bill De Blasio; le cose stanno cambiando così come dimostrano anche qui in Europa i successi di Syriza e Podemos, e finalmente l’elezione in Italia del sindaco di Gioia Tauro, supportato dalla coalizione democratico-progressista del Movimento Roosevelt, con un programma improntato a combattere la corruzione per un “New Deal Mediterraneo”.
Se vuole le lascio pure l’ultima parola ma la invito nuovamente a riflettere su dove siamo, su quale è il tema e, perché no, ad informarsi bene e approfonditamente sulle teorie economiche che rigetta a priori, cogliendo spunti qua e là, senza considerarle in modo organico.
Io Mosler sono andato anche a sentirlo e, se vuole, può farlo anche lei, meglio se dopo aver letto e compreso a pieno la sua teoria (tra l’altro risponde anche alle richieste e dubbi via e-mail).