Appennino, Enel Green Power inquina e paga

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Enel Green Power pagherà 52mila euro per l’inquinamento della campagna circostante la diga che gestisce a Riolunato, sull’appennino modenese. Il gip oggi ha accolto la richiesta di oblazione del responsabile locale del colosso energetico Giovanni Rocchi, che estingue il reato di gestione non autorizzata di rifiuti non pericolosi: 2600 metri cubi di fanghi versati nel 2010 su un terreno agricolo in virtù di un contratto tra l’affittuario e la controllata di Enel.
L’istanza era stata presentata dallo studio legale dell’onorevole Maurizio Paniz, difensore di Rocchi assieme al figlio avvocato, Massimiliano. Il deputato del Pdl, noto per aver suggerito al collegio difensivo di Berlusconi l’idea che il Cavaliere fosse davvero convinto, la sera della telefonata alla Questura di Milano per far rilasciare la 17enne Ruby Rubacuori, che si trattasse della nipote del premier egiziano Mubarak, è impegnato su più fronti. In questi giorni, ad esempio, Paniz sostiene la linea dura nella discussione sul disegno di legge sulla diffamazione, riaggiornata in Senato a lunedì prossimo, che prospetta il carcere per i giornalisti e multe fino a 100mila euro per gli editori. Più di quanto il codice prevede per i colpevoli di gestione non autorizzata di rifiuti: arresto da tre mesi ad un anno o ammenda da 2600 a 26mila euro.
Enel Green power è la concessionaria dei lavori di adeguamento della barriera di Riolunato, risalente all’epoca prefascista e dagli anni Settanta collegata alla centrale idroelettrica di Strettara di Lama Mocogno. Le necessarie opere sono rese complesse da mancati interventi delle precedenti gestioni pubbliche. Nella primavera 2010 si verificano una morìa di pesci e danni all’agricoltura in seguito allo scarico di terriccio nel torrente Scoltenna, affluente del Panaro che conduce ai canali di irrigazione.
Inoltre quattromila metri quadrati di area agricola, a due chilometri dalla diga, vengono ricoperti di fanghi, gomme di biciclette e pezzi di plastica per un totale appunto di 2600 metri cubi. L’esposto di Emilio Salemme, responsabile di Legambiente, Lac e Italia Nostra, origina l’inchiesta del Corpo Forestale dello Stato sullo sversamento in campagna. Il pm Claudia Natalini chiede e ottiene il sequestro dell’area agricola avviando un lungo scontro con lo studio legale Paniz sulla natura effettiva dei materiali. Nell’istanza al tribunale Riesame la difesa del responsabile EGP Rocchi invita i giudici a considerare il materiale versato “terra limosa e argillosa per l’utilizzo della quale Enel Green Power versava un canone alla Regione”. Inoltre, “il ritrovamento di materiale diverso dai fanghi, qualificabile come ‘rifiuto‘, era dovuto alla condotta incivile dei visitatori. In ogni caso la società avrebbe potuto eliminare tali rifiuti solo dopo aver setacciato il fango depositato sull’area sequestrata”. Il 20 luglio 2011 il Riesame rigetta l’istanza confermando il quadro indiziario: “Nelle richieste del 15 novembre 2007, del 23 aprile 2009 e del 19 giugno 2010 la società proponente aveva qualificato il materiale poi sequestrato come rifiuto non pericoloso indicandone anche le modalità di recupero: utilizzo per l’esecuzione di terrapieni (…) Non risultava avere mai effettuato la comunicazione di inizio attività presso la Provincia di Modena né la richiesta di autorizzazione per le operazioni di recupero dei rifiuti”. Il gip Gianluca Petragnani Pelosi emette un decreto penale di condanna a 20mila euro a cui si oppone il dirigente della controllata Enel chiedendo l’oblazione o in subordine di affrontare il processo. L’istanza presentata dall’avvocato Paniz oggi viene accolta dal giudice che ammette l’indagato all’oblazione da 52mila euro più 38 euro di spese di procedimento, lasciando dunque pulita la fedina penale. Per Enel Green Power si chiude dunque la vicenda penale di Riolunato ma restano due diffide in campo civilistico. Sono quelle formulate dalla Provincia di Modena, con quantificazione di risarcimento pari a 488mila euro, per danni ittico-faunistici dovuti al versamento di terriccio nel torrente Scoltenna.

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Appalti alla ‘ndrangheta: indagato sindaco Pd di Serramazzoni

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Anche in Emilia la ‘ndrangheta ottiene gli appalti entrando nelle stanze del potere politico. E’ un quadro accusatorio senza precedenti quello che emerge dall’inchiesta della guardia di finanza nel Comune di Serramazzoni, centro di 8mila abitanti sull’Appennino modenese. Il sindaco Luigi Ralenti del Pd, al secondo mandato, è indagato per corruzione e turbata libertà di scelta del contraente in relazione a due commesse pubbliche: il recente ampliamento del polo scolastico (costo 230mila euro) e il project financing da un milione e centomila euro per il restyling dello stadio dove oggi milita la squadra di dilettanti e vent’anni fa segnava i primi goal il futuro campione del mondo Luca Toni. Nel mirino ci sono i lavori edili affidati a una coppia di società a responsabilità limitata, secondo gli inquirenti riconducibili a Rocco Antonio Baglio, considerato la longa manus della cosca Longo Versace di Polistena (Gioia Tauro), e al figlio Michele, una sorta di direttore di cantiere. La delicata inchiesta del Pm Claudia Natalini, poi affiancata dal sostituto Giuseppe Tibis, è partita nel luglio scorso dopo l’incendio doloso che ha devastato la villa di campagna di Giordano Galli Gibertini, ex calciatore del Modena titolare di un’impresa edile. Pochi mesi prima erano stati bruciati anche gli spogliatoi del campo sportivo di Serramazzoni: ignoti avevano impilato le magliette della squadra, versato olio bollente e appiccato il fuoco. Baglio senior è accusato da un lato di aver bruciato la villa del costruttore e poi di aver trovato un accordo col sindaco Ralenti per l’assegnazione degli appalti.
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