Il nuovo libro ‘Il tesoro della regina’ sulle pagine di Articolo 21 https://www.articolo21.org/2023/02/il-nuovo-racconto-di-santachiara-il-tesoro-della-regina/

Per i lettori di questo scalcagnato blog, invece, un altro pezzetto del racconto:


Agnese e Sara passeggiavano lungo la piazza, come ogni giorno feriale si erano già alzate di buon mattino. In verità Sara, che non faceva tardi alle feste come l’amica con Andrè, nell’ultimo periodo aveva preso l’abitudine di svegliarsi all’alba anche nel week-end. Capitava così che andasse in periferia sotto il condominio di Agnese, un palazzone in stato di degrado, ormai abitato da poche famiglie, e suonasse al citofono prima delle fatidiche dieci. “Ma sono appena tornata da casa di Andrè, dai ci vediamo nel pome” si sentiva rispondere. Sara non demordeva, e con persuasiva allegria le chiedeva di salire per poterle preparare un caffè con la moka. L’arrugginita caffettiera dei genitori di Agnese era tutt’altra storia rispetto alla macchinetta che usavano nella sezione a loro riservata dell’ufficio del professore. Per Sara era un buon allenamento: saliva sette piani di scale senza ascensore, fuori uso da un paio d’anni a causa dei mancati interventi dell’amministratore di condominio, in perenne lite per questioni di bollette del gas e di raccolta differenziata. Incontrandosi, le due ragazze erano praticamente l’opposto: Sara col fiatone ma carica di energia, Agnese sbadigliante e pronta a rimettersi fra le coperte. Cosa che talvolta avveniva: “Non farmi il caffè, io dormo!”. “Sì sì…” rispondeva bugiarda Sara fingendo di andare al bagno. “Signora, posso?” chiedeva alla madre dell’amica in cucina a rassettare. Quando la giovane mattiniera entrava nella camera di Agnese, intorpidita ma ancora sveglia, metteva sul comodino la bevanda, invitante per aroma e consistenza, giacché aveva separato un poco di caffè montandolo con lo zucchero. Agnese lo sorseggiava con gli occhi semichiusi, restando attaccata alla tazza. “Stai bene coi baffi!” Le burle di Sara provocavano reazioni a catena. Il suo scopo poteva essere quello di uscire di casa anzitempo, soprattutto nelle giornate di sole, ma il mezzo era più avvincente del fine. Anche senza caffè, gli scherzi potevano diventare cuscinate, aggressioni di solletico o scalcagnate performance delle corde vocali che avrebbero dovuto somigliare vagamente alle canzoni preferite.(…)

Le ‘sis’ erano arrivate alla Pieve. La prima chiesa della città, di architettura romanica, si trovava a pochi metri dal retro del Castello. A separare i due edifici storici vi erano una piazzetta e, a lato, un piccolo parco. Il sole stava tramontando, col passare dei minuti la punta dell’alta torre campanaria assumeva sfumature cangianti incantevoli. Le ragazze naufragarono nella meraviglia insieme naturale ed artistica. Una dimensione diversa, grazie alla quale assaporarono minuscoli frammenti in passato scivolati via dagli occhi.

Sara: “Aquile, uccelli fantastici sui capitelli”.

Agnese: “Gli animali longobardi per eccellenza”.

Sara: “Li avevamo sotto il naso e…”

Agnese: “Guarda il bassorilievo”.

Sara: “Raffigurazioni sacre”.

Agnese: “Sai chi ampliò la Pieve dopo i Longobardi?”

Sara: “Chi?”

Agnese: “Matilde di Canossa”.

Sara: “Eh eh”.

Agnese: “Sei sicura che sulla foto di Johnny ci sia la mappa del tesoro?”

Sara: “Me lo sento. Avranno avuto qualche dritta ad alto livello, tipo agenti deviati”.

Agnese: “Mmm come fai a dirlo?”

Sara: “Quella è gente che non si muove senza certezze”.

Agnese: “Chiamiamo il commissariato”.

Sara: “E per dirgli cosa? Che hanno rubato una foto di mezzo secolo fa che non abbiamo mai visto e che una pergamena con scritto Thesaurus ci è stata rubata dal tuo fidanzato?”

Agnese, provando a telefonare: “Che nervi… sempre spento”.

Sara: “Einstein”.

Agnese: “A volte mi chiedo cosa… Cioè, non so nemmeno cosa ci tiene legati, forse il bisogno di non deludere i miei: lo considerano un fidanzato modello”.

Sara: “Devi essere tu stessa a guardarti dentro, in profondità…”

Agnese, distratta dal cielo di colore rosa del crepuscolo: “La persona che amo non si accorge neppure di me, tutta presa dalla sua voglia di vincere…”.


Le foto del libro sono firmate da Stefano Stradi






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