Il parco archeologico di Apanestum si trovava su strada per l’università, dunque Monika acconsentì a visitarlo. Se Charles appariva rigenerato dall’atmosfera densa di storia ellenica, lei era più raggiante che mai. Passeggiavano fra le rovine come due alieni, isolati dal resto dei turisti, non soltanto le comitive che si aggregavano alle visite guidate ma anche le famiglie e le coppiette autoctone. Come fossero giunti dal passato o dal futuro, si esprimevano ora in greco e in latino, ora in inglese e in francese, centellinando aneddoti epici. Nei pressi del tempio di Athena, transennato dopo alcuni danneggiamenti, lui commentò da perfetto cicerone: <<Questo edificio fu consacrato venticinque secoli fa… Impressionante vero? I greci realizzarono le colonne con l’arenaria estratta da una cava sommersa nella scogliera alle pendici del colle che si vede dal Castello del Frate. E’ quel bosco incontaminato da dove sei arrivata, ricordi? Ha un non so che di mistico, non ci vive nessuno, solo il mare che batte sui faraglioni e tante specie animali. Io lo trovo un po’ inquietante, si dice che vi trovassero rifugio le streghe, ai tempi della Santa Inquisizione: orge inenarrabili, contatti mefistofelici con l’aldilà… Chissà se si era palesata anche Athena, magari assumendo le sembianze di una civetta. Lei, la dea della guerra e della saggezza…>>. <<Della giustizia>> lo corresse Monika, che non condivideva il suo punto di vista sulla presunta stregoneria perseguitata dalla Chiesa. <<Sì, era la protettrice di Ulisse. Gli prestò il casco di Davide per non farlo riconoscere dai Proci, che infestavano Itaca senza pietà per donne e bambini, e il suo arco benedetto… Ah, se Athena scendesse qui, oggi, e m’infondesse l’ispirazione, il coraggio… >>. L’uomo soppesava le parole: <<Solo grazie ai suoi influssi, Ulisse riabbracciò Penelope. Attese venti anni…>>.  La ragazza preferì indulgere alla celia: scavalcò la recinzione e si mise a saltare nel tempio. Charles non ebbe la forza di rimproverarla né di seguirla, eppure il suo cuore palpitava più forte di quello di Monny.

Ella raccolse un bastone e lo fece roteare, poscia vivificò la divinità: <<Achei, sono Pallade Athena, la vostra padrona. Vi ordino di sbaragliare i Troiani!>> gridò conficcando a terra la lancia di legno per poi celarsi dietro una colonna. Charles era l’unico privilegiato ad assistere alla pièce. <<Ora che il nemico è vinto, rendetegli l’onore delle armi. Basta violenza, basta arroganza… E non pensiate di molestare le donne, o vi giustizierò con una folgore>>. Incedendo, con la mano rivolta al regno di Zeus: <<O mortali, coltivate l’intelletto, godete della grazia nelle arti e nella natura>>. Lo scrittore, oltremodo partecipe, esalò un sì. La ragazza accennò un inchino, riunendosi all’amico. <<Cosa ti suscita il tempio?>> <<Il senso di potenza femminile>>. Charles trasalì. Il modo con cui lei s’imponeva nei discorsi, illuminandoli e chiudendoli, o rigirando i temi secondo la propria visuale, per un verso lo scombussolava, per l’altro incendiava la sua passione. L’uomo cercò di dissimularla invitando l’amica a visitare il tempio di Poseidone: <<…il grande persecutore di Ulisse…>>. Monny, che pure amava il sapore epico dell’acqua, ebbe una sensazione straniante: immaginare Odisseo oppresso dall’energia creatrice del mare le scatenava un turbinio interiore. Così, specchiandosi nel sole di mezzodì, spiccò il volo: <<La mitologia ellenica è un ricchissimo sciame di fantasia>>. << Di meteore o di api?>>. <<Di miele>>. <<Che visione melodiosa>> <<Sì, è un tesoro inesauribile>>.  <<Destinato a durare nei millenni>>. <<Per sempre>>. Charles e Monika intrecciarono istintivamente le mani. Egli fiutava di nuovo quel suo profumo di rosa, la desiderava con ardore. Ella ridivenne il bocciolo, le sue pupille brillavano come gocce di rugiada, le labbra erano soavi petali.

Si erano calati nell’identico incanto, dentro di loro risuonavano i violini e i flauti del Valzer. Il tempo si era fermato, come se la natura stesse vagheggiando vere e proprie affinità elettive. Allorché lui socchiuse gli occhi, approssimandosi adagio, l’attimo si dissolse in un batter d’ali. Gli schiamazzi di un drappello di visitatori li investirono come una frotta di afidi e Monika scivolò via. Le mani e la bocca, oramai, erano petali al vento. La ragazza avanzò di scatto per eclissare le emozioni, ma ben presto si rese conto di essere la prima a non comprendere il proprio turbamento. L’unica reazione esterna era stata imbarazzante: davanti al volto scosso di Charles le era spuntata un’espressione sardonica, come se fosse diventata arguta spettatrice dell’ironica sorte, compiacendosene. <<Perché lo schernisco? E’ stato dolcissimo… Forse rido dell’amore?>>. Lo sguardo dell’uomo era risucchiato dalla sua schiena imperiale: l’ombra muliebre, assottigliandosi fino al tempio di Athena, si mostrava sopraelevata rispetto alla colonna. Monny disperse l’uragano dell’inconscio e, girandosi lieta, riprese a dialogare…