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Se la vita fosse un campo da calcio, chi mantiene un solido radicamento ai principi e al tempo stesso intraprende molte avventure rappresenta un portiere moderno, che bada al sodo tra i pali e sa giocare coi piedi. Così è effettivamente Alice Pignagnoli, che di lavoro indossa il numero uno: per tre lustri ha girato la penisola come una trottola, difendendo le porte di 13 squadre senza piegarsi né ai rimproveri familiari nè allo sfruttamento lavorativo. Nel 2020 diventerà madre, pronta a re-indossare i guantoni.
Pignagnoli, classe 1988, tira i primi calci nel cortile di casa con lo zio Aldo, un ex giocatore che ha dovuto interrompere a causa di un brutto incidente in motorino. Aldo regala alla nipotina le prime scarpette e lei non riesce a star ferma: all’aperto, o chiusa in casa, cerca sempre il pallone. Da bambina, come Alice nel Paese delle Meraviglie, piomba al centro della Terra, il suo mondo interiore è ricco di quella magia intellegibile solo ai veri amanti del calcio. Sembra di essere nella partita a croquet voluta dalla Regina di Cuori. Gli alberi come i pali, i cespugli come segnalinee, il profumo dell’erba, i raggi solari che si specchiano negli occhi di bambine e bambini, le corse animalesche accanto a cani e gatti, i capelli che si sciolgono, i respiri corti e le urla smisurate, i tuffi senz’acqua dei portieri per afferrare il pallone: liscio o fangoso, sfuggente o pronto a ricevere un caldo abbraccio, coerente come un sasso o stregato, ammaliato dagli effetti più strani.

Alla prima occasione Alice si misura coi maschietti vicini di casa e i compagni della scuola che frequenta a Reggio Emilia. Calcisticamente nasce centrocampista, ha gambe, fiato e visione di gioco. Se ne accorge un allenatore della zona, che la porta nell’atletico Santa Croce, una squadra maschile di quartiere dove comprende la passione, la predisposizione per il calcio. I genitori però costringono la figlia a giocare a pallavolo dai 10 a 14 anni: “Allora c’era un rapporto molto conflittuale. Da bambina molto vivace ma altrettanto brava a scuola, non capivo come mamma e papà potessero ostacolarmi in una cosa tanto innocua come praticare uno sport. Si nascondevano dietro i vari “è uno sport da maschi” e “prendi freddo a giocare all’aperto”, poi sono riuscita a fargli confessare la loro vera paura: in anni in cui il calcio femminile era alla stregua di un ghetto, temevano che il far parte di un gruppo fortemente caratterizzato dalle dinamiche omosessuali, avrebbe potuto orientare i miei gusti sessuali”. Pignagnoli non demorde, sceglie di iscriversi al liceo scientifico Aldo Moro dopo aver visto appesa una foto della Reggiana femminile, a quei tempi all’apice del ciclo vincente. “Ho iniziato entrando a far parte della squadra di istituito, di cui facevano parte tante componenti del settore giovanile della Reggiana, tra cui alcune nazionali, e con cui poi ho vinto un titolo italiano, e raggiunto un terzo posto l’anno successivo. Successivamente la responsabile del settore giovanile mi fece fare un provino per la primavera granata”. La sistemano tra i pali per motivi molto pragmatici, a seguito dell’infortunio dell’unico portiere arruolato in primavera. E lei si innamora del ruolo, per il quale sono necessari talento, coraggio e personalità: “Sì, è così, il portiere si trova da solo di fronte a tutti. Il mio mito è sempre stato Buffon per la personalità, il carisma e per come ha rivoluzionato il ruolo del portiere: meno attenzione ossessiva alla tecnica, e più ai risultati e al ruolo di guida per la difesa e la squadra tutta”.

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Alice Pignagnoli viene aggregata a sedici anni in prima squadra in serie A nella Reggiana che poi raggiunge il quarto posto e il pass per la Italy Uefa womens cup. Due anni dopo disputa 21 gare da titolare su 22 in B con la polisportiva Galileo Giovolley, che si classifica terza, a un soffio dalla promozione in A2. Poi Varese e Milan, dove approda in concomitanza col primo anno di università. A vent’anni esordisce in serie A nell’arena civica Gianni Brera ma non prova un’emozione particolare: “Ero già molto determinata e ambiziosa, e l’ho visto solo come un primo gradino per il raggiungimento di obiettivi più “alti”. La cornice era pazzesca ma il campo aveva un fondo terrificante: era una struttura ormai da tempo destinata a concerti e spettacoli”. Ciò che conta davvero, però, non afferisce agli stadi: “Gli obiettivi primari per il nostro movimento sono le tutele e le garanzie minime che rendano appetibile questo sport per famiglie e ragazzine e almeno un “semi-professionismo” che consenta alle atlete di preferire questa attività a un lavoro retribuito mediamente”. Mentre gioca a Como Alice consegue la laurea a pieni voti in Scienze della Comunicazione presso lo Iulm di Milano, con la seguente tesi: Verso un’etica della differenza: la promozione della figura femminile tra cultura di massa e società dell’informazione.
Lavorerà nel giornalismo sportivo, accumulando collaborazioni precarie in tv e quotidiani locali, e per sei anni in una web agency in cui arriverà a dirigere il reparto produzione composto da 14 persone, un ruolo che mal si concilia con lo sport ad alto livello. Nella parentesi al Napoli, finalmente, può fare la “solo” la calciatrice: “Un’esperienza unica, potermi permettere, anche economicamente, di fare una scelta ancora una volta contraria a quello che avrebbero voluto i miei genitori, e di essere totalmente autonoma. Conoscere e integrare modi di vivere e di pensare diversi dal mio”. Pignagnoli accetta la proposta della fortissima Torres, dove nel 2011/12 vince Supercoppa e scudetto. Tutto però svanisce a causa della disparità di genere: un uomo in serie C2 guadagna abbastanza per mantenere una famiglia mentre lo stipendio di una donna nella migliore squadra della Serie A è più basso di quello di un operaio: “Non era possibile far venire il mio compagno a Sassari senza un lavoro. Così sono andata al Riviera di Romagna. Fu una scelta obbligata, la stessa per cui dovetti rifiutare Fiorentina e lo scudettato Verona in serie A un paio di anni dopo, per ritrovarmi a giocare a Oristano in serie B (una serie B a 4 gironi, molto diversa da quella attuale, nda), perché il lavoro che avevo trovato non mi permetteva di allenarmi al pomeriggio come già facevano molti club di serie A”. Il wonderland del rettangolo verde appare sempre più lontano, perché Alice deve fare i conti con l’ingiustizia: “Questo passaggio è stato uno dei più traumatici della carriera, una realtà totalmente diversa da quelle che avevo vissuto e per cui avevo fatto grandi sacrifici fino a quel momento. Purtroppo la prospettiva di una casa, una famiglia e un matrimonio, mi imponevano di lavorare e non si poteva fare diversamente. E’ stato in quegli anni in cui mi sono letteralmente “inventata” l’ennesima risorsa: con la scusa di non poter andare ad Oristano ogni giorno per gli allenamenti, ho chiesto alla società di eccellenza in cui giocava il mio fidanzato Luca Lionetti di essere ospitata per gli allenamenti settimanali. Inizialmente è stato molto complesso, poi mi ha permesso di continuare ad accrescere il mio bagaglio tecnico e personale, anche con gesti che nel femminile, quantomeno allora, non venivano curati particolarmente, come le palle alte”.

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Alice Pignagnoli mette in pratica i nuovi insegnamenti nel Valpolicella – Chievo Verona, nel 2016 torna a Cervia nel Riviera e convola a nozze con Lionetti. Una curiosità: due anni dopo partecipa alla trasmissione Rai I Soliti Ignoti. La concorrente che avrebbe dovuto indovinare la sua professione, fra le opzioni proposte, scarta praticamente subito quella del portiere di calcio. Gli sguardi stupefatti del pubblico la dicono lunga su quanto la società italiana debba ancora progredire. Pignagnoli intanto cambia squadra di anno in anno: veste le maglie di Imolese, Mantova e Genoa Woman, infine Cesena. “Ho solo ricordi di inclusione, dopo primissimi momenti di diffidenza i ragazzi con cui mi allenavo quotidianamente mi hanno fatto sentire una di loro, mi hanno rispettata come donna e come atleta e hanno riconosciuto il mio spirito di sacrificio. Forse l’unico ricordo negativo è quello dello scorso anno, quando dopo tanti tira e molla, a mio marito è stata comunicata una mancata conferma, solo ad agosto: poi abbiamo saputo che la mia presenza era diventata ingombrante e mister e preparatore dei portieri hanno preferito fare scelte diverse. E’ stato un momento molto duro, in quanto per l’ennesima volta ho sentito che le mie scelte pesavano anche sulla vita di mio marito, ma lui non si è perso d’animo, ha trovato una nuova squadra, la Fidentina, in cui sono stata subito accettata da tutti e, addirittura, vista dal preparatore dei portieri Marco Palmucci come un’occasione di crescita per i suoi ragazzi”. Alice svolge tutta la preparazione alla prima parte della stagione con le bianconere fino a quando, dopo un duro colpo in area avversaria, già alla quinta settimana di gravidanza, scopre di essere incinta. E’ proprio Palmucci a darle il primo supporto: “Ti aspetto ad agosto per la prossima preparazione, avrai qualche deficit fisico, colmato da una forza mentale che sarà il doppio del solito. E sai che forza ti può dare.. una donna sportiva motivata la paragono a un bilico lanciato in discesa senza freni”.

 

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Cosa hai provato, temuto?

“Inizialmente è stato parecchio traumatico. La paura era più grande di tutto. La paura di perdere tutto quello per cui mi ero sacrificata per anni, come donna e come atleta. Poi la società e le mie compagne hanno ridimensionato queste paure, trasformandole in gioia e opportunità”.

In Spagna le atlete hanno salario minimo, ferie pagate, garanzie per infortuni e maternità, in America ci sono asili nido per le mamme che giocano. Il Cesena come si è comportato?

La società mi paga i rimborsi per seguire le compagne di squadra in trasferta e soprattutto mi ha assicurato la conferma per l’anno prossimo.

Com’è oggi il rapporto coi tuoi genitori? Sono migliorati?

Attualmente è molto positivo, loro hanno fatto grossi passi verso la mia passione, e io ho accettato le loro “debolezze” come genitori. Mia sorella minore gioca a basket, un altro sport con problematiche simili a quelle del calcio, e non è stata mai ostacolata, anzi, viene tuttora seguita quotidianamente. Questo a dimostrazione del loro passo indietro nel confronti dei pregiudizi.

Come vedi il tuo futuro?

Conto di rientrare quanto prima, mi piacerebbe essere a disposizione per l’inizio del prossimo campionato a ottobre. In questo modo avrò la possibilità di passare del tempo che molte mamme lavoratrici non hanno, con mio figlio e allo stesso tempo continuare a costruire Alice come atleta.

 

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