L’ultimo numero del Venerdì di Repubblica, uscito il giorno 13 dicembre 2013, contiene un’interessante inchiesta su un lato poco conosciuto del nostro Presidente della Repubblica: pare che Napolitano fosse sotto osservazione dell’intelligence britannica tra gli anni ’70 ed ’80, in quanto “volto sorridente” e moderno del Partito Comunista Italiano. L’articolo, pubblicizzato sulla copertina del periodico, contiene anche una serie di rivelazioni relative alle attività di spionaggio dei servizi inglesi su esponenti della sinistra dell’epoca, come Pajetta e Cicchitto.
Il timing dell’articolo è curioso, dal momento che esce poco tempo dopo un coraggioso libro scritto dai giornalisti Ferruccio Pinotti e Stefano Santachiara, dal titolo I panni sporchi della sinistra ed edito da Chiarelettere. Nei vari capitoli del libro, molti degli attuali protagonisti del Partito Democratico vengono studiati e ne vengono tracciati i rapporti con lobby e centri di potere nazionali ed internazionali. Un ampio spazio è dato proprio alla biografia di Giorgio Napolitano, e in particolar modo ai suoi rapporti con Silvio Berlusconi, i servizi segreti americani e la massoneria. I documenti proposti dagli autori, di matrice americana, ci parlano di un Napolitano garante dei poteri atlantici che attraverso la sua corrente “migliorista” contribuisce alla mutazione genetica del PCI in un partito organico ai poteri sovranazionali. Tuttavia, nell’articolo del Venerdì il libro di Pinotti e Santachiara non viene minimamente citato.
Si tratta di una semplice coincidenza? Eppure è altamente improbabile che I panni sporchi della sinistra, con la sua nuova chiave di lettura su Napolitano, sia sfuggito ai segugi di Repubblica: oltre a numerose recensioni apparse su carta e sul web, anche una testata online come Micromega, appartenente allo stesso gruppo editoriale del Venerdì, ne ha pubblicato un estratto il giorno 4 dicembre.
Cerchiamo di comprendere questo strano caso che potremmo definire di “inchiesta parallela”, dal momento che mentre i due scrittori impiegano fonti americane per documentare l’interesse dei poteri atlantici verso Napolitano, i giornalisti del periodico di Repubblica utilizzano fonti britanniche.
Alcuni elementi dell’articolo del Venerdì sono poi illuminanti al riguardo. Le fonti dei servizi britannici dipingono infatti Napolitano come un innovatore; un moderato che con la sua capacità di intrattenere rapporti con una pluralità di poteri esteri ha permesso al PCI di dismettere i panni dell’antiquato e temuto movimento di massa, per trasformarsi in un partito moderno e capace di governare i processi politici dell’Italia. L’immagine di Napolitano che emerge dalla lettura del libro di Pinotti e Santachiara è totalmente diversa. I viaggi di Napolitano negli Stati Uniti durante il rapimento di Aldo Moro; le dichiarazioni e i documenti che testimoniano legami pericolosi con i servizi segreti e i falchi americani come Brzezinski e Kissinger; le convergenze con Silvio Berlusconi ci parlano di un politico con la precisa missione di garantire e consolidare i poteri atlantici, piuttosto che un visionario riformatore. La lettura comparata dei due contributi fa sorgere immediatamente una domanda. Perché la redazione di Repubblica omette di citare una fonte così cruciale nell’analisi dei rapporti fra Napolitano e i poteri esteri? Il sospetto è che l’operazione del Venerdì serva a nascondere al grande pubblico la natura innovativa e “scomoda” delle tesi di Pinotti e Santachiara, che risulterebbero già note e già sentite a chi si troverebbe a scoprirne l’esistenza dopo la lettura dei contributi del periodico.
Ma si tratta, al contrario, di due analisi che giungono a risultati totalmente diversi, ed è perciò importante che le tesi di Pinotti e Santachiara siano portate alla luce senza essere oscurate o annacquate.
(Giacomo Bracci)
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