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Carolina Morace. Avvocato, pioniera del calcio femminile, bomber e allenatrice, opinionista, Fifa’s Legend, Fifa e Uefa Instructor. Sempre per la FIFA impegnata in Papua Nuova Guinea e in Iran. Prima donna nel 2015 ad entrare nella Hall of Fame istituita dalla Fgci e dalla Fondazione museo del calcio quattro anni prima. Scendendo in campo per un’intervista, mi tremano le gambe… ci provo.

1) Morace centravanti. Esordio a 11 anni a Venezia, tre anni dopo già in Nazionale, un’avventura durata un ventennio e 105 gol, con la quaterna di Wembley nel ’90 che resiste come record assoluto fra uomini e donne; due volte finalista agli Europei, dodici scudetti e 13 volte capocannoniere. Qual è stata la più grande emozione sul campo?

Sicuramente i 4 goals a Wembley. Credo che per ogni individuo che ami il calcio, Wembley rappresenti il Tempio di questo sport. Ed il mio allenatore me l’aveva detto: “Se segni qui puoi dire di essere una giocatrice di calcio”.

2) Che differenze riscontra a livello di gioco fra le squadre femminili di allora e di oggi?

Oggi tatticamente le squadre sono più preparate, noi marcavamo a zona mista con il libero comunque staccato, mai in linea. Era la zona mista di Sacchi con Baresi posizionato sempre qualche metro dietro alla linea difensiva… Adesso giocano tutti a zona poi, in base alle capacità del tecnico, puoi anche vedere un gioco organizzato, i sistemi di gioco sono ben definiti.Tecnicamente eravamo molto forti, certo oggi la velocità è maggiore. Però non è un caso che la mia generazione sia arrivata ad essere per due volte vice campione d’Europa. C’erano giocatrici straordinarie come Vignotto, Ferraguzzi, Bonato, Ciardi, Marsiletti. Tante altre forti, dovrei citarle tutte. Ma non c’era la televisione, anche i dirigenti sono colpevoli perchè venivano a vederci raramente. Sono sicura che avremmo entusiasmato la gente.

3) Solo dal 2015 alcune società professionistiche investono nel calcio femminile, ma le atlete restano ancora senza salario minimo, assistenza sanitaria, contributi previdenziali, Tfr, maternità e ferie pagate. Quali passi concreti occorrono per raggiungere la parità?

Quando si parla di parità bisogna essere chiari. Qui non si invoca la parità salariale. I calciatori generano un business che, forse, un giorno raggiungeremo anche noi. Ma ora siamo solo all’inizio del nostro percorso. Tutto ciò che hai menzionato deve essere la priorità perché è impossibile dare il massimo se non si hanno le minime garanzie sul proprio futuro. Cosa accadrà quando le atlete smetteranno di giocare ed entreranno nel mondo del lavoro con un ritardo di almeno 15 anni rispetto i loro coetanei? E molte atlete decidono di non proseguire gli studi.

4) Nel suo libro, La prima punta (People editore, 2019), racconta come le venne spontaneo giocare a calcio nella struttura della Marina Militare (per via del padre ufficiale) dove c’erano attrezzature sportive.

E’ naturale che in presenza di strutture sportive i bambini siano liberi di sperimentare e scegliere lo sport preferito senza essere condizionati dai genitori. Che di solito, inevitabilmente, scelgono per i figli lo sport da praticare.

5) Il sistema non destina risorse adeguate nei settori giovanili e nelle categorie inferiori del calcio femminile poiché considera insufficiente il ritorno economico in termini di immagine e pubblicità. Come superare questa barriera anche culturale?

Scegliendo le giuste persone nei posti chiave. Non è un caso che il progetto di sviluppo del calcio femminile sia stato fatto da un manager cinquantenne, Michele Uva, quando era direttore generale della Federazione (dal 2009 al 2018 nda).

6) Passiamo a Morace tecnico: prima donna al mondo ad allenare una squadra maschile, la Viterbese in C1 nel 1999. Come andarono le cose?

Dopo la partita persa fuori casa con il Crotone per 5 a 3 (con 3 calci di rigore contro) mi chiamò Gaucci dicendo che voleva licenziare il mio preparatore fisico, il professor Luigi Perrone. Io gli risposi che se avesse mandato via lui avrebbe dovuto mandare via anche me. Gaucci mi disse ‘no, lei non la mando via’ ed allora io gli dissi che mi sarei dimessa. La stima era reciproca. Mi fece poi chiamare da tutti ma un’interferenza del genere, quando capita una volta, capiterà anche la seconda volta. Tanti allenatori accettano, io no.

7) Alla guida della Nazionale italiana nel 2004 conquistò il quarto posto nella Algarve Cup, dopo aver battuto Cina e Finlandia. La Federazione, all’epoca, aveva intenzione di investire nel progetto?

No.

8) Da ct del Canada, con staff tutto italiano, conquistò la Concacaf Women’s Gold Cup nel 2010, poi è stata allenatrice e direttrice tecnica di Trinidad e Tobago. Le sostanziali differenze tra questi paesi e il nostro come organizzazione e come impatto sul pubblico?

In Canada il calcio femminile è lo sport più popolare, in Italia siamo ancora indietro ma sulla buona strada se la Figc continuerà a credere in questo sport. A Trinidad & Tobago sono in via di sviluppo ed hanno molti problemi organizzativi in genere.

9) Perché le calciatrici Usa sono le più preparate atleticamente del mondo?

Il bacino in cui scegliere è molto ampio, crescono da generazioni a generazioni facendo sport. Sarà in grado di battere le americane una squadra che reggerà il loro passo, con l’aiuto dell’organizzazione di gioco: si può fare. In questo Mondiale ho visto qualcosa tatticamente solo dalla nazionale olandese e da quella italiana.

10) Alla vigilia indicò come sorpresa del torneo proprio l’Olanda, poi arrivata in finale attraverso un gioco veloce e divertente. Il loro campionato esiste solo da 12 anni, sono semiprofessioniste da poco, l’attenzione mediatica è scarsa e gli stadi semivuoti. Qual è il loro segreto?

La cultura. Ogni paese ha la sua cultura.

11) Cosa pensa dell’insegnamento del futsal nelle scuole calcio come fanno in Sudamerica?

Se troviamo nelle nostre scuole uno spazio da adibire a futsal perchè no? Ma non credo ci siano molti spazi nelle scuole italiane. E’ giusto che lo sport in Italia sia demandato alle squadre dilettantistiche, che perciò dovrebbero essere sostenute maggiormente dal governo soprattutto con la formula degli sgravi fiscali. E mi riferisco alle sponsorizzazioni, unica fonte di sostentamento per queste società.

12) Trent’anni fa a Roma lei fondò una scuola di calcio mista. Oggi è finalmente una prassi diffusa – da alcune ricerche ho scoperto che in alcune realtà, come Parma e nel Bresciano, le prime squadre interamente femminili, a 12 anni, hanno battuto i coetanei maschi. Fino a che età pensa sia utile giocare contro i ragazzi in campionato e quando invece incontrarli solo in amichevole?

Io non sono nemmeno per le amichevoli. Se una squadra professionistica contrappone alle donne dei quattordicenni, fisicamente rimangono leggermente più forti, magari meno coordinati ma il loro è un calcio da ragazzi, non da adulti. Il calcio delle donne è un calcio da adulti. Il misto va bene dall’età infantile fino alla pubertà.

13) Il maschilismo ambientale oggigiorno è diminuito? Ricordo un suo gol spettacolare da trenta metri: lo definirono casuale, eppure, se fosse stato Maradona…

In Italia ci sono tante persone intelligenti e di media cultura ma anche molti ignoranti. E l’ignoranza qui è un vanto, non una vergogna. Io da tanto tempo non mi interesso più dell’opinione delle persone che non stimo. Poi, avendo vissuto all’estero, vedo sempre più il nostro paese come una piccola parte di un universo ben più grande.

14) Il talento va riconosciuto e coltivato. Esiste oggi fra le donne, in termini assoluti, un genio alla Messi o forse è nascosto in qualche campetto di periferia?

No, non c’è attualmente una Messi ma tante brave giocatrici.

15) La ct Bertolini ha sostenuto che il “calcio di Guardiola è femmina”, perché le atlete sono più propense al possesso palla, al fraseggio e al gioco corto. Parlando di tattica il femminile semiprofessionistico non esisteva ai tempi delle squadre maschili che hanno fatto la storia: la grande Honved, l’Olanda di Michels, il Milan di Sacchi o il calcio utilitaristico di Herrara e Trapattoni. Quale sistema di gioco preferisce e quale pensa sia più adatto al calcio femminile?

Non c’è un sistema più adatto al calcio femminile, valuto quello che è più adatto alle qualità delle mie giocatrici, dei miei giocatori. Per questo motivo noi allenatori non dovremmo avere un sistema preferito.
(intervista realizzata il 31 gennaio 2020)

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